C o l o n n a    s o n o r a

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E il guanto venne sfiorato sulla superficie dal cilindro, con reverenza.

E noi osservavamo quel Floyd, da dietro il cilindro, pensando che era proprio lui che avrebbe fatto al caso nostro. Pan disse:

  «È proprio lui che farebbe al caso nostro!»

  «Lo stavo pensando pure io». Infatti replicai io.


Quel tipo stava lì fisso, davanti a quel
cilindro e non fu difficile per noi avvicinarci senza essere visti. Pan gli sollevò solo un attimo la visiera dello scafandro con la scusa che il casco non fosse omologato, una bella boccata di assenza di gravità e il tipo svenne così che era più facile trasportarlo. Quel tipo, Floyd, il famoso psicanalista che avrebbe fatto proprio al caso nostro. Pan disse:

  «Farà proprio al caso nostro!»

  «Lo stavo pensando pure io». Infatti replicai io.

Quando il tipo rinvenne, il tipo, quel Floyd intendo, lo avevamo già poggiato sul divano-letto dell’astro-nave e noi sul pavi-mento del sal-8 lo fissavamo incuriositi. Uno con quella faccia avrebbe proprio fatto al caso nostro?

La Principessa La-llà si svegliò e piangendo svegliò anche Floyd che balzò seduto facendo antipatici commenti sulla tappezzeria del luogo.

Il problema non era difficile da spiegare e provammo a farlo. La nostra Principessa La-llà era depressa da quando, dopo il suo giro del cosmo in 80 nanosecondi, aveva dimenticato il motivetto che la rendeva felice. Una canzonetta che fischiettava sempre tra sé  e che faceva tipo: la-llà, la-llà, la-llà o qualcosa del genere. Noi, cioè io e Pan, non avremmo proprio mai potuto riportarla a casa in quelle condizioni. O le facevamo tornare in mente quell’articolato motivetto o le facevamo passare la depressione delle due alternative vinse la più semplice.

 

  «IO NON SONO SIGMUND FLOYD Gridava il tipo con davvero poco senso dell’ironia. Ma li fanno tutti così gli psicanalisti? Meno male che dovrebbero pure aiutare la gente!

Comunque la Principessa La-llà continuò a piangere senza sosta, soprattutto per colpa di quel tipo, quel Sigmund Floyd, che tutto sembrava tranne che uno psicanalista. Pan disse:

  «A me questo tutto sembra tranne che uno psicanalista!»

  «Lo stavo pensando pure io». Infatti replicai io.

 

Comunque, puntandogli contro i nostri rasoi elettrici fulminanti, si convinse a fare una seduta di terapia alla Principessa La-llà che lo supplicava:

  «Mi aiuti dottor Floyd, la prego.»

  «IO NON SONO SIGMUND FLOYD!» Continuava a gridare il dottor Floyd, anche se io più lo guardavo e meno mi sembrava uno che, con quella faccia, avrebbe dovuto fare lo psicanalista.

Il tipo, sempre Floyd, a un certo punto si mise sconsolato in un angolo del lettino e cominciò a lagnarsi da solo. Uno psicanalista che piange e si lamenta io proprio non l’avevo mai visto. Pan disse:

  «Uno psicanalista che piange e si lamenta io proprio non l’ho mai visto!»

  «Lo stavo pensando pure io». Infatti replicai io.

 

Così però, tra un lamento e un altro cominciò a fischiettare uno strano motivetto.

Non ci crederete mai, ma la Principessa La-llà, appena sentito quel motivetto ancora più articolato del precedente si tirò su di morale e, non appena imparato, buttammo fuori dall’astro-nave, nell’iper-spazio, in un batti-baleno quel tipo, Floyd intendo, che secondo me, era proprio uno che lo psicanalista non avrebbe dovuto farlo. Così andammo sulla rotta verso casa, non prima di aver fatto un salto a comprare un registratore stavolta! Io dissi:

  «Andiamo sulla rotta verso casa, non prima di aver fatto un salto a comprare un registratore stavolta! Giusto Pan?»

  «Giusto Peter!» Rispose stavolta Pan.

 

Floyd riaprì gli occhi e si accorse che aver solo sfiorato la superficie del cilindro con il guanto gli aveva causato una sferzante ondata di fantasia, che gli aveva fatto perfino immaginare una storia raccontata in prima persona.

Cos’è che aveva causato a Floyd quella strana allucinazione raccontata in prima persona? Perché il cilindro sembrava trasmettere tanta fantasia? Proprio lui che interpretava i sogni non riusciva a spiegarselo? O forse era un altro Floyd?

Non importava più molto, perché ormai Floyd aveva perso tempo ed era giunta l’ora di...

 

(Alessandro Bilotta - Maggio 2001)


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