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giovedì, 27 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (25)

La strana nascita di Nerofumo

NerofumoEra il 1962, io ero a Roma poco prima di tornare a Milano. Un giornalista aveva scritto un racconto per "Il Vittorioso": "Il domatore di mustang" ed il direttore mi aveva incaricato di realizzare una illustrazione per quel racconto e, come si usava allora, feci anche il titolo.
Qualche tempo dopo bussò alla porta della mia casa un frate missionario, si chiamava Padre Adriano e, dopo avermi chiesto conferma se ero stato io a fare l'illustrazione del racconto pubblicato sul Vittorioso, lui mi disse che lo aveva scritto lui e mi disse che io avevo fatto un grave errore: avevo scritto "il cacciatore di mustang" al posto di "il domatore di mustang" (una particolare razza di cavalli). Disse che i mustang si "domano", non si "cacciano"! Era abbastanza arrabbiato per questo ed io mi scusai spiegandogli che evidentemente era stata la fretta a farmi sbagliare... Comunque disse che mi avrebbe perdonato, ma ad un patto: avrei dovuto fare "gratis" una storiella per un giornale che facevano quelli della sua missione (i Missionari Comboniani); questo periodico si chiamava "Piccolo Missionario"; aveva un formato tascabile ed era stampato solo a due colori. Promisi che avrei "pagato" il mio debito e subito mi misi a preparare una storiella con un pupazzino semplice semplice, stilizzato al massimo per fare prima... e, dato che era un nero, lo chiamai "Nerofumo" In questa storia ci misi anche un missionario, amico del personaggio; questo missionario, quasi per... vendicarmi,
lo avevo chiamato proprio come lui: Nerofumo con Padre AdrianoPadre Adriano.
Spedii le tavole e qualche tempo dopo la storia fu pubblicata e ricevetti subito un pacchetto con la copia del giornale ed una lettera dove Padre Adriano mi disse che la "prima" storia gli era piaciuta moltissimo ed ora mi chiedeva il "seguito", cioè una storia per ogni numero, però queste storie sarebbero state a pagamento. Accettai, anche perchè Padre Adriano era un tipo veramente simpatico. Era un po' mingherlino, ma con una forza di volontà incredibile! Si fece amici i miei figli ed ogni volta che si trovava a passare per Roma, veniva a trovarmi e si portava dietro un fagottello con il pranzo: era per non disturbare... Nonostante le insistenze mie e di mia moglie, lui apriva il suo fagottello e si metteva a tavola a mangiare con noi.
Intanto mi parlava di molti suoi progetti che aveva in mente di grandi lavori da fare in Africa. Mi spiegava che uno dei problemi principali per l'Africa (almeno quelle zone che lui frequentava) era la mancanza d'acqua e lui aveva in mente di riuscire a realizzare delle grosse cisterne; ma ci volevano molti soldi. Nerofumo - 2 colori
Nonostante io gli feci notare che era molto difficile convincere la gente a donare delle cifre enormi, lui mi disse che un giorno o l'altro avrebbe studiato qualcosa. Quel piccolo fraticello aveva dentro di sè una forza incredibile e sarebbe riuscito anche a spostare le montagne con le sue sole mani.
Qualche anno dopo in TV c'era un grosso spettacolo del sabato sera con Adriano Celentano. Una sera sentii Celentano che parlava di una grossa iniziativa per una impresa che bisognava assolutamente realizzare in Africa: una grande cisterna per raccogliere e distribuire l'acqua in un'intera zona. Bastava che ogni telespettatore versasse il corrispettivo di un mattone (mi sembra che allora erano 1000 lire) e la cosa si sarebbe potuta effettuare. Fu un successo incredibile e arrivarono delle cifre molto superiori a quanto serviva. Si scoprì poi che il tutto era stato organizzato da Padre Adriano che era andato a trovare Celentano (magari anche da lui con il fagottello per il pranzo) per convincerlo a collaborare alla sua idea di raccogliere fondi, grazie alla sua trasmissione in TV, per costruire gli acquedotti.
Poco tempo dopo, in TV fecero vedere la costruzione ultimata dell'opera grandiosa e non basta, dato che i soldi arrivati erano superiori al previsto,
Padre Adriano Padre Adriano aveva fatto anche altri acquedotti per molti paesi vicini. Padre Adriano ancora una volta aveva vinto! Quando lo rividi, mi disse che aveva in mente altre grandi iniziative. Nel frattempo aveva realizzato un film, tutto da solo: aveva dovumentato com'era "veramente" l'Africa, molto diversa da quella che ci avevano descritto i bravi documentaristi... La fame e la miseria si toccavano con mano. Il tutto però senza grandi drammi: con molta semplicità. Chi voleva capire capiva...
Un giorno Padre Adriano venne a trovarmi quando abitavo a Milano ed intanto io avevo realizzato dei pupazzi in plastilina rappresentanti Nerofumo, il suo elefantino e il personaggio di "Padre Adriano". Quando gli mostrai quei pupazzi si entusiasmò al punto che voleva che si pensasse a realizzare un film a pupazzi animati con Nerofumo. Io "tentai" di spiegargli che la cosa non era tanto facile, ci sarebbero voluti molti soldi poichè io non ero in grado di realizzare quel film da solo ed avrei dovuto chiamare degli esperti. Lui non si preoccupò: i soldi si troveranno, mi disse. Tu intanto studia il soggetto. Io feci ancora di più: con una mia piccola cinepresa da 8 millimetri feci delle prove di animazione e per questo mi aiutarono anche i miei figli. Il risultato era "abbastanza" buono, ma ovviamente non eccellente.

Copertina raccolta Nerofumo - italiano Copertina raccolta Nero fumo - spagnoloPensai che Padre Adriano forse sarebbe riuscito anche stavolta a risolvere questo problema per poter realizzare il film di Nerofumo.
Intanto io avevo portato avanti il personaggio "Nerofumo" per molti anni e quelle storie erano anche state tradotte in molte lingue, come spagnolo, portoghese ed anche africane. Mia moglie ed anche i miei figli, soprattutto Stefano, mi avevano aiutato spesso per studiare i soggetti ed a volte anche per i colori. Questo personaggino, nato quasi per caso, era diventato uno dei miei personaggi più diffusi in tutto il mondo! Nel frattempo "Il Piccolo Missionario" ha cambiato nome:
Nerofumo - colori"Piemme" e successivamente chiamato "PM", ha un formato più grande ed è tutto a colori.
Beh, sinceramente a me piaceva di più quando era di piccolo formato e con due colori, ma la mia voce in questi casi non conta: non mi hanno voluto ascoltare.
Inoltre, quei missionari hanno una specie di regola: circa ogni 4 anni cambia il direttore perchè chi era stato lontano, nelle missioni, torna per un certo periodo in Italia ed ogni volta uno di questi viene incaricato di dirigere il mensile, solitamente proprio quando ci si cominciava a capire meglio con un Direttore... Ma la regola e' questa e bisogna rispettarla. 
Io ho collaborato a questo giornale per molti anni in continuazione, le cifre pagate erano bassissime, ma ormai l'amicizia con questi simpatici missionari Comboniani era tale che non lo consideravo nemmeno un lavoro ma una "offerta per le missioni".
Qualche anno fa è arrivato un nuovo direttore, ma, per la prima volta, con lui non sono riuscito ad andare d'accordo.
Avevo consegnato - come al solito da tanti anni - una storia e lui me l'ha rifiutata perchè avrei dovuto fargli leggere prima il testo; inoltre mi aveva detto che per le seguenti storia avrei dovuto far vedere prima anche i disegni a matita. Oltre tutto mi ha disturbato moltissimo il fatto che, contrariamente al sistema usato con gli altri direttori, invece di telefonarmi, mi ha scritto una lettera, molto fredda! Ed io odio questo tipo di rapporti tra i direttori ed i collaboratori.
Da quando faccio questo lavoro non ho MAI fatto vedere i miei disegni a matita a nessun editore o direttore, inoltre i testi, fin dai tempi del Vittorioso, sono scritti da me senza farli prima leggere alla redazione; uno dei motivi e' anche quello che, con il mio sistema di lavoro, io spesso preparo la sceneggiatura proprio mentre sto disegnando... Inoltre, i miei disegni a matita non sono eccellenti: curo molto di piu' la fase del disegno in nero e, spesso, molte parti vengono disegnate con il computer... So di sicuro che ci sono molti altri Autori, anche famosissimi, che lavorano in questo modo ed usano lo stesso sistema nei rapporti con i direttori o le redazioni.  Ad esempio, in passato, Jacovitti non aveva MAI fatto leggere i suoi testi e non aveva assolutamente MAI fatto vedere i disegni a matita prima che venissero pubblicati (tra l'altro Jacovitti usava un sistema tutto suo di fare i fumetti e non disegnava mai le sue tavole: si limitava a schizzare delle "tracce" approssimative, soprattutto per la prospettiva. Inoltre, qualche Editore provi a chiedere di vedere i disegni a matita a Toppi e sentira' quali risposte si ritrova...
Quindi ho rifiutato: il mio lavoro si prende solo "a scatola chiusa", altrimenti niente. Lui ha preferito il "niente", quindi la mia collaborazione, anche se con dispiacere, è terminata.
Ora ho saputo che questo direttore è stato sostituito da un altro che non conosco ancora, ma che non mi ha nemmeno scritto o telefonato: non so se lui voglia ancora Nerofumo...
Nerofumo - Stefano - fotografati da Padre AdrianoE pensare che molte generazioni di lettori hanno conosciuto questo personaggino ed hanno scoperto che, dietro quel disegno esssenziale, ci sono anche dei messaggi positivi, anche a livello mondiale.
Pazienza, se mai vuol dire che, se non lo vorranno piu' pubblicare sul "PM",  lo proporrò a qualche altro Editore? Chissà...
Intanto passava il tempo, ma non ricevevo più notizie da Padre Adriano. Quando telefonai chiedendo se sapevano dove fosse finito Padre Adriano mi risposero che era andato in "missione", ma stavolta per un viaggio molto più lungo degli altri... Così dovetti dire addio a Padre Adriano, ma il suo ottimismo e dinamismo era riuscito a trasmettermene almeno una parte.
Avendolo conosciuto bene, sono certo che, "dove si trova ora", starà oganizzando di sicuro qualcosa di veramente grande!...


(25 - segue)
_______________
RemofumoULTIME NOTIZIE:

L'amico Remo (http://www.undergroundboy.splinder.com/) mi ha inviato proprio ora un suo disegno con una "libera" interpretazione di Nerofumo. Un disegno che ho veramente gradito e che inserisco qui (con il suo permesso...). Cosa ne pensate? A me è piaciuto molto!
Remo, lo sai che hai possibilità di sfondare anche nel campo umoristico?!

Perogatt - 2 novembre 2005

ULTIMISSIME NOTIZIE:

Proprio oggi ho ricevuto una telefonata dal nuovo direttore del "PM". Uno dei prossimi giorni ci incontreremo e chissa', potrebbe anche darsi che si riparli di Nerofumo. Comunque mi ha fatto molto piacere che mi abbia telefonato e non scritto...

Perogatt - 23 novembre 2005

Postato da: Perogatt a ottobre 27, 2005 23:28 | link | commenti (17)

giovedì, 20 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (24)


Hal Foster: Prince Valiant & Perogatt...

Che cosa ha a che fare Perogatt con Hal Foster il grande e famoso artista autore del celeberrimo "Prince Valiant"?
Prince ValiantInnanzitutto occorre dire che il "Prince Valiant" (il Italia: "Principe Valiant") è stato un colosso nel settore dei fumetti americani a partire dagli anni'40 in poi. Era pubblicato (a colori - grande formato, tipo Corriere della Sera) settimanalmente sull'inserto dei fumetti dei maggiori quotidiani Statunitensi dove, a quell'epoca, era conosciutissimo. In Italia invece non è stato pubblicato molto bene, comunque, diversi anni fa è stata stampata la serie completa, non ricordo da quale Editore. 
Hho potuto ammirare, a casa di un amico collezionista, i disegni originali del Prince Valiant (in un formato molto grande) e devo dire che erano veramente delle opere d'arte. Ovviamente lo stile non ha quasi nulla a che vedere con i fumetti del giorno d'oggi, però bisogna ammettere che il Principe Valiant è stato un "classico" nel settore dei fumetti.
Hal Foster nel suo studioIo ho acquistato tutta la serie - in italiano - che poi ho fatto rilegare ed in famiglia l'abbiamo letta moltissime volte. Anche il testo era scritto molto bene, curato ed anche molto documentato.

Bene, a questo punto devo dire che io avevo il classico "zio d'America", cioè uno zio che abitava a New York - emigrato in America negli anni '20 - che aveva una grande ammirazione per me e i miei disegni. Era orgoglioso di avere in Italia un nipote "artista".
Fin da quando ero piccolo mi spediva dei pacchi con dentro tutti i generi di materiali per disegnatori che esistevano negli Stati Uniti; alcuni di quei materiali non si sono mai visti in Italia, come ad esempio dei tipi particolari di pennini per creare degli effetti di chiaro-scuro, pennini anatomici molto comodi (purtroppo, con l'uso, quei pennini si consumarono; peccato che non ne esistano, nemmeno oggi, in Italia), degli strani fogli di carta che erano fatti con una speciale corteccia d'albero, delle boccette di colori speciali (che dopo molti anni sono arrivati anche da noi: i colori acrilici); io però a quei tempi non sapevo come usare quel tipo di colori, poi colori a tempera (da noi erano in vendita nei negozi, ma in quella gamma di colori non esistevano ancora) e molto altro ancora. Tutto questo mi invogliava a disegnare sempre di più e sempre meglio ed ogni tanto spedivo a mio zio alcuni miei disegni.
Scena dal Prince ValiantUna volta gli inviai un mio disegno colorato a tempera che avevo curato particolarmente bene. Tempo dopo ricevetti una lettera da mio zio che mi comunicava che il mio pacco con il disegno era arrivato, solo che nel viaggio, il colore del mio disegno si era screpolato un po' ed alcuni pezzi se ne erano andati (non avevo considerato che il difetto dei colori a tempera è che spesso si screpolano e si staccano dai fogli di cartoncino). Lui era molto dispiaciuto, però aveva chiamato un suo amico disegnatore, un "certo" Hal Foster, al quale chiese un favore: ritoccare il mio disegno. Foster lo ritoccò per bene e mio zio potè così incorniciarlo ed appenderlo alla parete accanto al disegno che gli aveva regalato il suo amico Foster. Mi spedì anche una pagina del fumetto che disegnava il suo amico, si chiamava "Prince Valiant". I disegni che vidi erano bellissimi e spettacolari. Allora cercai di informarmi riguardo questo Hal Foster ed il suo personaggio Prince Valiant, così scoprii che in America era un numero uno nel settore dei fumetti! Quando l'ho saputo, quasi svenivo dall'emozione: un mio disegno ritoccato dal famoso Foster! Avrei pagato per poter riavere indietro il mio disegno solo perchè era stato di certo "migliorato" da un grande artista, mi sembrava impossibile!
Così mi misi alla ricerca di tutti i giornali (italiani, ma in special modo americani) dove erano stampate le tavole disegnate da Foster e cercai di collezionarne il più possibile.
Prince Valiant - filmSeppi che realizzarono anche un film basato sul personaggio Prince Valiant, ma non riuscii mai a vederlo e non so nemmeno se sia mai arrivato in Italia. Comunque ho molti dubbi sul risultato: non credo sia possibile imitare con la tecnica del film e con persone in carne e ossa la grandezza delle scene spettacolari che Foster disegnava con grande maestria.
Nel frattempo gli anni passavano ed io cercavo di migliorare sempre più il mio stile ed ogni tanto inviavo qualche mio disegno a mio zio che a sua volta mostrava a Foster e gli chiedeva un parere: mio zio mi riferiva sempre quello che diceva Foster ed io lo ascoltavo sempre. Poi decisi di fare un disegno proprio dedicato a Foster: disegnai un mio personaggio e lo spedii a mio zio. Quando gli arrivò, mio zio disse che era piaciuto molto a Foster, il quale  aveva detto che sarei diventato anch'io un numero uno!
scena Prince Valiant bianco-neroLa corrispondenza con mio zio proseguiva, ed ogni tanto riusciva a programmare un viaggio per venire in Italia per un piccolo periodo ed io ne ero felicissimo. Un giorno, durante una delle sue periodiche visite in Italia, mi venne a trovare presso la mia casa a Roma. Come al solito gli mostrai i miei disegni ed i giornali dove erano stati pubblicati. Quella volta mi disse che avrei potuto avere molto successo se mi fossi trasferito negli Stati Uniti. Così mi offrì di andare in America ed avrei lavorato subito per una editrice dove lui aveva delle buone conoscenze ed aveva mostrato i miei disegni; era la "Dell Comics", la più grande editrice americana di albi a fumetti! Unica condizione: dovevo avere la cittadinanza americana. Già, ma non era per niente facile. Lui invece mi rispose che era semplice: "Vieni in America, ti sposi (per finta) con una mia conoscente ed assumi così la cittadinanza americana. Poi divorzi e chiami in America tua moglie e i tuoi figli. Quindi ti risposi con tua moglie. Semplice, no?"...

A questa proposta io non ebbi nemmeno il tempo di rispondere, mia moglie si infuriò in modo tale che mio zio ripartì subito dopo e non mi scrisse per parecchio tempo.
Ovviamente mia moglie aveva ragione, ma con i miei amici-colleghi ci divertivamo ad immaginare la scena tipo film italo-americano e ci infilavamo un sacco di battute, ma solo per puro divertimento. Ne venne fuori una storia che un mio amico mi propose di scriverla e portarla a qualche produttore. Io mi rifiutai: il tutto, visto così è divertente, ma c'era di mezzo la mia famiglia, e poi il rapporto con mio zio che si era rotto e la cosa doveva rimanere lì.
Prince Valiant - scena bianco-neroMa dopo molti anni, un giorno finalmente ricevetti una lettera da mio zio che mi chiedeva scusa: dopo tanti anni che lui aveva vissuto in America, si era abituato a pensare in maniera "americana" e non aveva tenuto conto delle reazioni - giuste - di mia moglie. Io lo scusai e riprese così la mia corrispondenza con mio zio.
Lui mi raccontava i cambiamenti (in peggio) che stavano avvenendo negli Stati Uniti, la criminalità che aumentava sempre più di giorno in giorno. Insomma, gli Stati Uniti non erano più quelli di un tempo. Un po' aveva ragione, ma mi accorsi che nel frattempo era diventato un po' vecchio e di conseguenza molte cose lui le ingigantiva anche. Insomma, viveva sempre più di nostalgia. Qualche volta pensammo di sentirci anche per telefono, ma dato che i costi di quelle telefonate erano piuttosto alti, dovevamo riuscire a concentrare i nostri discorsi e spesso ci riuscivamo. Decidemmo comunque che era meglio continuare a scriverci dove, in fondo, ci si poteva dilungare come meglio si credeva.
Nelle lettere mi parlava delle discussioni che lui aveva con la sua seconda moglie (nel frattempo aveva divorziato ed io non ho mai visto la sua seconda moglie). Dato che lui fumava - da sempre - il sigaro, con la grande campagna anti-fumo che c'era stata negli Stati Uniti (più o meno come c'è ora da noi in Italia, ma da loro era diventata una vera ossessione), la moglie di mio zio gli aveva proibito di fumare. Lui si confidava con me dicendomi che lui in casa non fumava più, ma... aveva iniziato a fare molte passeggiate: lo scopo principale era quello di poter finalmente fumare senza lo sguardo severo di sua moglie...
Una volta, però, mi scrisse dicendomi che aveva fatto una brutta caduta dalla scala interna e gli avevano dovuto ingessare una gamba, quindi doveva rimanere in casa per un certo periodo.
Prince Valiant - scena a colori
La sofferenza maggiore però non era dovuta alla caduta, ma il fatto che in casa non poteva fumare. Io gli risposi che magari era la volta buona per smettere di fumare, ma lui mi rispose che "quel problema" lo aveva risolto: fumava lo stesso affacciandosi alla finestra... Solo che, quando entrava sua moglie sentiva dell'odore e gli chiedeva se avesse fumato; mio zio le rispondeva che non era il fumo, ma il "profumo al tabacco" che da un po' di tempo usava... Non so se sua moglie avesse capito che quello era solo un trucco, ma so che mio zio si divertiva molto a fare quelle "marachelle" (così lui le chiamava).
Poi la corrispondenza con mio zio si interruppe ed io gli scrivevo, ma non ricevevo risposta.
Un giorno però ricevetti una lettera da sua moglie dove mi comunicava che mio zio era stato molto male e poi se ne era andato, stavolta per sempre. Lo so, mio zio era ormai diventato piuttosto vecchio, ma quella notizia mi rattristò moltissimo anche perchè sapevo che una buona dose dell'entusiasmo che io mettevo nel fare i fumetti era dovuto anche ai consigli e gli sproni di mio zio.
Resta il fatto che io, che ero un fumatore incallito, ci pensai molto ed un giorno decisi di smettere completamente di fumare e, anche se con molta fatica, sono riuscito a liberarmene completamente: sono tornato a sentire meglio i profumi ed il mio studio ha un odore ed un colore migliori!
Beh, ora mio zio se ne starà tranquillo su una sua nuvoletta con il suo sigaro senza nessuno che lo sgridi. Oppure è arrivato il divieto del fumo anche lassù?...


(24 - segue)

Postato da: Perogatt a ottobre 20, 2005 10:42 | link | commenti (14)

domenica, 16 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (23)

Asterix, Uderzo ed io...

Copertina nuovo albo
Era atteso da tempo il nuovo albo di Asterix, il famoso piccolo gallico creato da Goscinny (testi) e Uderzo (disegni) è finalmente è arrivato: uscito pochi giorni fa in Francia, il 18 ottobre esce anche in Italia!
Il nuovo albo si
chiama ''Quando il cielo gli cadde sulla testa'' ed è il trentatreesimo volume della serie delle avventure di Asterix.
In pochi giorni, nonostante le critiche non proprio ottime, in Francia sono già state vendute 400.000 copie - su 3 milioni previste in totale nei paesi di lingua francese.


prima pagina nuovo albo
E in Italia? Avrà il solito successo di sempre? Oppure ci sarà il previsto calo dovuto al fatto che negli ultimi tempi si leggono un po' meno libri, ma soprattutto quelli con i fumetti, e poi anche alla reazione di chi avrà letto gli articoli finora usciti dove i critici non ne parlano tanto bene. Diciamo che più che altro le critiche sono per i testi: dopo la scomparsa di Goscinny, Uderzo ha pensato di continuare la serie di Asterix e fare tutto da solo, ma lui è un bravissimo disegnatore, ma non ha la grande vena inimitabile di Goscinny. I disegni comunque restano più che ottimi, dicono sempre i critici.
Io penso che converrà comunque leggere anche questo albo, anche se a dire la verità, gli ultimi usciti mi hanno un po' deluso: non era più lo stesso Asterix; le storie erano un po' più fiacche, ma ho seguitato comunque a comprali perchè resta il fatto che i disegni sono sempre più che gradevoli. Nel frattempo ho appreso che nel nuovo albo si parla di
extraterrestri e sembra ci sia anche una parodia degli Stati Uniti di Bush. Beh, vuol dire che sarà un motivo in più per leggere questo ultimo albo di Asterix.

una vignetta dal nuovo albo


Ma devo dire che per me c'è un altro motivo in più per acquistare gli albi di Asterix...
Anni fa (intorno agli anni '80) anche io ho avuto a che fare con Asterix. Sì, ho avuto un permesso speciale da
Uderzo di poter disegnare Asterix per la grande campagna pubblicitaria della "Plasmon" per l'Italia
. Così ho realizzato una serie di fumetti di vari formati e vari tipi, grandi poster pieni zeppi di ambienti e personaggi che si trovano nella serie di Asterix, gadget vari (compresi i "trasferelli di Asterix", i "Trasferix"), diversi piccoli albi e poi anche qualche copertina e paginoni per il Giornalino dove ho anche realizzato diverse grandi illustrazioni.
Devo dire che all'inizio ero entusiasta, ma poi, lavorandoci, mi sono accorto che i fumetti di Asterix sono sempre strapieni di particolari, tanti che c'è veramente da diventare matti... Ma ho fatto ugualmente molto volentieri quei disegni perchè sono molto divertenti e poi, disegnandoli, si scopre quanto Uderzo studi moltissimo l'anatomia dei vari personaggi!
Approfitto per dare un suggerimento a chi si sta addentrando nel magico mondo dei fumetti: provare a "copiare" alcune vignette da un albo di Asterix, poi mettere da parte gli albi ed i disegni fatti e provare a disegnarli "a memoria": è un piccolo esercizio di disegno che può essere utile, indipendentemente dal proprio stile.
In quel periodo aveva avuto anche una stretta corrispondenza con Uderzo
Uderzo (purtroppo non l'ho mai conosciuto di persona, ma ci siamo sentiti solo per lettera). Io dovevo inviare i miei disegni ad Uderzo per farglieli approvare e lui molto spesso si congratulava con me. Ovviamente la cosa mi riempiva di orgoglio: ricevere i complimenti da un "maestro" fa sempre piacere, no? Una volta mi scrisse una lettera per avvertirmi che aveva pensato di modificare un pochino il disegno di Oblelix (il "grosso" amico di Asterix): le sue proporzioni erano cambiate. Chi legge penso non si sia tanto accorto del cambiamento di questo personaggio, ma io sì. Uderzo mi mandò una serie di studi di Obelix facendomi vedere in che cosa consistevano le modifiche. Si trattava di una modifica per me sostanziale, in meglio, dato che ora Obelix era più proporzionato e la sua anatomia era migliore, di conseguenza era molto meno "pupazzetto" e più personaggio.
Così mi adeguai subito e scoprii che, cambiato in questo modo, per me era anche più facile da disegnare perché bastava rispettare delle "regole" anatomiche base.
Quando Uderzo vide i miei disegni con il nuovo Obelix mi rispose che avevo compreso perfettamente qual era lo spirito che lui intendeva riguardo al suo personaggio (che tra l'altro mi ha confidato di amare "forse" un pochino di più di Asterix....
Asterix - Obelix - Idefix
Diverso tempo dopo, quando ebbe termine il contratto che la "Plasmon" aveva firmato per l'esclusiva, io dovetti a malincuore terminare la realizzazione dei fumetti (e tutto il resto) di Asterix.
Qualche tempo dopo feci un ennesimo trasloco (vedi una apposita puntata del "PeroBlog" su questo argomento...) e, dopo aver aperto gli scatoloni nella nuova casa, scoprii che quelli dei traslochi mi avevano perso un gruppo di scatoloni che io avevo diligentemente numerato e scritto anche i vari contenuti. Così scoprii che tra le varie cose che mi mancavano, erano "spariti" anche tutti i disegni originali (schizzi, studi) che Uderzo aveva fatto apposta per me. Una perdita incalcolabile ed irrimediabile!
Quelli dei traslochi, quando ho detto loro il danno che mi avevano causato, si limitarono a chiedere scusa e farmi un piccolo sconto sulla cifra pattuita. Ma non esiste cifra al mondo per la perdita di quei disegni!
Ci ho sofferto tanto ed ho sempre sperato di riuscire, un giorno o l'altro, ad incontrare Uderzo e sperare che mi disegni apposta per me un "Obelix". Chissà...

Immagini:  (C) Copyright 2005 Les Editions Albert-Renè/Goscinny-Uderzo

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Postato da: Perogatt a ottobre 16, 2005 00:04 | link | commenti (19)

giovedì, 13 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (22)

Vie a fumetti

Festa del FumettoOrmai da alcuni anni a Milano è stata indetta dalla "Borsa del Fumetto" (una delle più note fumetterie) la "Festa del Fumetto" - che si svolge una volta all'anno in concomitanza con una manifestazione organizzata dal Comune di Milano dove tutti i negozi rimangono aperti, per un giorno, tutto il giorno fino a notte fonda); nella Festa del Fumetto i disegnatori si prestano - gratis - per tutta una giornata a fare autografi, ma soprattutto disegni, ai numerosissimi passanti: adulti, giovani e bambini. La manifestazione ha avuto moltissimo successo e la folla diventa sempre maggiore.
Ma non basta, Nessim Vaturi, titolare della "Borsa del Fumetto", ha avuto anche un'altra idea: ogni anno, in Viale Tunisia (una delle vie più conosciute di Milano), vengono appesi ai lati della via dei tabelloni che rappresentano i più noti personaggi dei fumetti, come ad esempio, Diabolik, Martin Mistére, ecc. In questo modo, il Viale Tunisia è diventato il "Viale dei fumetti"!

Roma non voleva essere da meno... ed ho saputo che in questo periodo sta nascendo una nuova zona e, una volta tanto, i nomi delle vie non sono a base di eroi, matematici, musicisti e così via, ma una volta tanto hanno i nomi di fumettisti famosi italiani scomparsi nel passato ed anche, molti, in anni recenti. Così in quella zona - che è ancora in parte in via di costruzione - leggiamo: Pazienza Pratt
VIALE GIANLUIGI BONELLI
, LARGO GUIDO BUZZELLI,. LARGO ERIO NICOLO', LARGO BRUNO ANGOLETTA, VIA FRANCO BONVICINI, PIAZZA ANDREA PAZIENZA, LARGO DINO BATTAGLIA, VIA ANDREA LAVEZZOLO, LARGO SEBASTIANO CRAVERI, VIALE HUGO PRATT, PIAZZA ATTILIO MUSSINO, LARGO WALTER MOLINO, LARGO SORELLE GIUSSANI, PIAZZA FEDERICO PEDROCCHI, VIA RINO ALBERTARELLI, LARGO GUIDO MARTINA, VIA FRANCO CAPRIOLI, LARGO CARLO COSSIO, PIAZZA BENITO JACOVITTI, VIALE AURELIO GALLEPPINI, VIA ROBERTO RAVIOLA, LARGO FRANCO BIGNOTTI, VIA RINALDO D'AMI ed altri nomi che seguiranno man mano che le nuove vie saranno pronte. Per saperne di più conviene andare a dare un'occiata all'apposito sito:
www.mezzocammino.it/viabilita/viabilita.html dove c'è la piantina della zona, l'elenco completo delle vie e le foto delle targhe.
Questa è proprio una bella iniziativa: finalmente anche i fumettisti hanno un degno rinonoscimento!
Molti nomi, qui sopra elencati, sono famosissimi, altri lo sono un po' meno, ma si tratta comunque di grandi del fumetto. Ad esempio: GianLuigi Bonelli è stato l'inventore di Tex (ora lo continua il figlio Sergio), Guido Buzzelli è stato un grande disegnatore veristico,
Marmittone - 1933Bruno Angoletta se lo ricorderanno le persone di una certa età: era l'autore di "Marmittone" sul vecchio Corriere dei Piccoli, Franco Bonvicini non è altro che il vero nome di Bonvi, Andrea Pazienza: chi non ha mai visto dei suoi fumetti?, Dino Battaglia: un altro grande del fumetto di qualità, Sebastano Craveri: ha creato una serie di famosi personaggi - tutti animali - per il Vittorioso, Hugo Pratt: tutti sanno che grande artista è stato (vedere anche una delle puntate precedenti del mio PeroBlog), Attilio Mussino aveva illustrato molti personaggi famosi per il Corriere dei Piccoli negli anni '30, Walter Molino aveva realizzato delle splendide copertine per la "Domenica del Corriere", Sorelle Giussani: le creatrici del famosissimo Diabolik, Federico Pedrocchi: è stato colui che per primo ha realizzato in Italia il giornale di PaperinoCopertina Paperino scrivendo e
disegnando anche alcune storie, Rino Albertarelli era stato uno dei più grandi fumettisti italiani, Guido Martina è stato uno dei più grandi sceneggiatori di fumetti (ha anche sceneggiato delle bellissime storie per Topolino), Franco Caprioli - detto anche "quello dei puntini": ne parlerò in una delle prossime puntate del PeroBlog, Carlo Cossio: uno dei più noti disegnatori di fumetti degli anni '40/50, Benito Jacovitti (ne ho parlato a lungo in questo PeroBlog; da notare che qui è chiamato Benito Jacovitti, ma lui ci aveva sempre detto che si chiamava Franco Jacovitti ed Benito era il suo secondo nome che gli aveva messo suo padre evidentemente ammiratore di Mussolini, quindi non so come mai per il nome della targa abbiano scelto Benito), Aurelio Galeppini: il grande disegnatore di Tex!, Roberto Raviola (conociuto meglio come "Magnus"), Rinaldo D'Ami è stato uno dei più bravi disegnatori di fumetti conosciutissimo in Italia, ma soprattutto in Inghilterra.
Disegno di CraveriHo visto che, tra i nomi delle vie, c'è anche quello di Sebastiano Craveri. Bene, quando anni fa mi avevano invitato a Carmagnola, in Piemenote, la città natale di Craveri per una mostra di disegni di questo grande Autore, durante il discorso che io feci, in Comune, proposi che a Carmagnola venisse intitolata una via a Sebastiano Craveri. Il sindaco di allora aveva detto che quella era una bella idea, ma non era facile da realizzare: la "burocrazia" comunale non permetteva che nei nomi delle vie potessero apparire dei disegnatori di fumetti. Io ci rimasi molto male. Per colpa della "burocrazia" non potevano dare un segno della loro riconoscenza verso un loro concittadino che si era fatto onore in tutta Italia! Non so se poi, magari con un altro Sindaco, a Carmagnola abbiano messo la targa di una via dedicata a Sebastiano Craveri, comunque, per fortuna ci ha pensato Roma. Ma che rabbia questa maledetta "burocrazia"!
Comunque, mentre parlavo dei nomi delle vie a Roma dedicate ai fumettisti, un mio amico, dopo aver letto l'elenco mi ha detto: "Come mai tu non ci sei?" Io ho toccato subito legno, ferro, e... qualcos'altro... e poi gli ho fatto notare che, fino a prova contraria, io sono vivo!... :)


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Postato da: Perogatt a ottobre 13, 2005 23:07 | link | commenti (7)

domenica, 09 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (21)

Storie di FANTASMI o quasi...

Lucrezia Borgia

Il fantasma di Lucrezia Borgia

A Roma, negli anni '60, c'erano molte trattorie e pizzerie e noi disegnatori le conoscevamo quasi tutte. Beh, conoscevamo molto bene anche i locali dove si potevano trovare a qualsiasi ora i "supplì", delle gustosissime prelibatezze romane, una specie di polpette di riso con ragù ed al centro la mozzarella: i supplì venivano fritti e serviti caldi; mi sembra molto strano che si trovino spesso gli "arancini", ma non i "supplì" nel resto d'Italia!
Una sera, tanto per cambiare, noi del gruppo di disegnatori del Vittorioso che eravamo anche vicini di casa, io, Giovannini, Landolfi e Zeccara (vedere altre puntate precedenti riguardo questi disegnatori), decidemmo di andare a cena in un ristorante che non conoscevamo ancora ma ci aveva attratto il nome: "Lucrezia Borgia". Un ristorante con un nome così famoso chissà quali "segreti" conteneva...
Fatto sta che prenotammo i posti ed all'ora fissata entrammo nel ristorante. I proprietari ci accolsero con molto entusiasmo e ci indicarono il nostro tavolo.
Con nostro stupore, però, scoprimmo che nel ristorante c'eravamo solo noi. Non osammo chiedere ai proprietari il motivo, ma la cosa non ci piaceva: un ristorante senza clienti non ci piaceva e ci dava un'idea di qualcosa di poco buono. Ma ormai eravamo lì e decidemmo di restare.
Il menù era scritto in maniera quasi medioevale ed anche i nomi dei piatti erano un pochino in quello stile. Così ordinammo dei piatti dai nomi strani che ci risultavano incomprensibili, però ci piaceva l'idea della sorpresa.
Mentre attendevamo l'arrivo delle pietanze, approfittammo per dare un'occhiata al locale: era in stile medioevale, ma non riuscivamo a capire bene se era "autentico" oppure si trattava di una imitazione. Non osammo chiedere informazioni ai proprietari e forse lo facevamo perché in fondo ci piaceva l'idea di mangiare proprio in un locale anticamente frequentato dalla famosa Lucrezia Borgia...
Bisogna sapere che Lucrezia Borgia è diventata famosa anche perché si dice che avesse fatto avvelenare diversi suoi ospiti. Ma non sapevamo se la cosa fosse vera o se si trattasse di una leggenda...
Per quanto riguarda le varie portate posso dire che non erano un gran chè e, quando finalmente terminammo la cena, chiedemmo il conto e facemmo una sorpresa: in effetti lì ci avevano "avvelenati"... cioè il conto era talmente caro che era come se ci avessero avvelenati. Riuscimmo a racimolare la cifra necessaria ed uscimmo piuttosto arrabbiati.
Mentre eravamo in strada seguitavamo a commentare ed a lamentarci di quel ristorante. Dopo pochi passi qualcuno di noi cominciò a dire che non si sentiva tanto bene, che aveva dei dolori di pancia... Ci venne così il sospetto che ci avessero "avvelenati" veramente! Magari era tutta una suggestione, ma facemmo tutti ritorno a casa per berci una camomilla ed andare a dormire prima del solito, ma tutti con una decisione: non saremmo di certo più tornati in quel ristorante: il "fantasma" di Lucrezia Borgia aveva colpito ancora...



villa dei fantasmi?...

La villa dei fantasmi
Quando ero giovane, nelle vicinanze di Senigallia (Ancona) c'era una villa che la gente non osava nemmeno nominare e tantomeno avvicinarsi poiché si diceva che fosse abitata dai "fantasmi"... La gente diceva che da quella villa si sentivanoIo provenivano degli strani rumori e delle urla.
Io ed un mio amico ci rifiutavamo di credere ad una "favola" simile e decidemmo di sfidare i "fantasmi": un giorno ci organizzammo e, in compagnia di altri amici, ci procurammo delle torce elettriche e ci dirigemmo alla volta della "villa dai fantasmi". Giunti nei pressi di quella villa ci fermammo per studiare bene il da farsi. Intanto approfittammo per mangiarci i panini che ci eravamo portati dietro: i fantasmi non hanno fame ma noi sì...
Mentre stavamo gustandoci i panini, ci sembrò di sentire delle voci, una specie di "lamenti" provenire da quella villa. I nostri amici cominciarono ad avere paura e proposero di fare ritorno. Ma io e il mio amico ormai eravamo decisi: bisognava entrare dentro quella villa e vedere se quei "fantasmi" avevano il... coraggio di manifestarsi a noi.
Nonostante i nostri amici ci consigliassero di rinunciare a quel progetto, noi due ci incamminammo ed entrammo dentro la villa. Dentro trovammo molto disordine, polvere e ragnatele ovunque. In terra c'erano molti vetri rotti. Girammo per tutte le stanze, ma di fantasmi nemmeno l'ombra. Così decidemmo che avremmo potuto uscire tranquillamente. I nostri amici, quando ci videro uscire ancora"sani e salvi", ci salutarono esultanti: eravamo i "sopravvissuti"! Così facemmo ritorno verso casa.
Sapemmo in seguito che la gente dei paraggi della "villa dei fantasmi" non avevano più sentito rumori o urla: da quel giorno solo silenzio. Si era sparsa la voce che noi due avessimo fatto scappare i fantasmi, ma noi sapevamo che i fantasmi non c'erano. Oppure sì?...

Rocca Sinibaklda

Rocca Sinibalda - alto

Fantasmi nel castello

Durante l'estate, per diversi anni, assieme ad alcuni miei amici, avevo fatto il direttore di colonia ed un anno capitò che ci fu assegnato un bellissimo castello situato nelle colline del Lazio dal nome particolare: "Rocca Sinibalda". Io sono sempre stato amante delle grotte e dei castelli, quindi si può immaginare con quale entusiasmo ci andai.
Era un bel castello ed era fatto a forma di aquila, solo che l'aquila si poteva vedere solo volandoci sopra, ma quel castello è stato costruito nel 1530, quindi non si capisce bene come mai abbiano pensato di dargli quella forma vista dall'alto...
Quando ci andammo noi il castello era quasi abbandonato ed era stato appositamente restaurato, almeno in parte; comunque, dentro le sale - quasi spoglie, con pochissimi mobili - c'erano delle belle sale che avevano adattato per l'occasione per poter ospitare la colonia, quindi alcune sale erano state utilizzate per farci i dormitori e quasi tutto il cortile era stato adibito a lavandini per far lavare i ragazzi. Noi che dirigevamo la colonia avevamo a disposizione delle antiche camere da letto, queste ancora quasi intatte, alcune con i letti dell'epoca. La mia camera aveva un privilegio in più: il letto era a baldacchino e, quando andavo a dormire, mi sembrava di essere un signorotto dell'epoca. Gli altri non avevano voluto quella stanza perché c'era un piccolo particolare: sul soffitto c'erano dei pipistrelli! A me non hanno mai fatto paura i pipistrelli, quindi non avevo trovato nessun problema a dormire in buona compagnia :-)
Il pomeriggio, quando i ragazzi arrivarono, demmo subito le istruzioni per il comportamento durante quelle vacanze: l'ordine e la disciplina erano alla base di tutto. Io poi feci anche un particolare discorso. Dato che nel castello esistevano ancora alcuni oggetti di valore, come ad esempio delle antiche armi, come le alabarde e le lance, occorreva assolutamente non toccarle! Inoltre avvertii che il dormitorio era fatto per dormire, quindi non si accettavano scherzi di nessun tipo. Data la buona notte ai ragazzi, io ed un mio amico ci mettemmo d'accordo su uno scherzo che avremmo fatto più tardi.
Infatti, quando era ormai notte e tutti dormivano, ci mettemmo delle lenzuola addosso e ci mettemmo a girare per le stanze del castello emettendo delle grida "strane".
Ovviamente i ragazzi si erano spaventati e noi due, toltici di nascosto le lenzuola, arrivammo con aria da rimprovero dicendo che "qualcuno" si era divertito a fare i "finti fantasmi" ma quella avrebbe dovuto essere stata l'ultima volta: nel castello non erano permessi simili scherzi! Infatti da quella notte non ci furono più scherzi... Ma noi due ci eravamo divertiti un mondo: erano anni che sognavamo di poter fare una scena simile.
Nel castello c'erano anche le cantine (in alcuni punti crollate e difficilmente visitabili) e la grante terrazza in alto, con tutti i "merli" attorno, solo che ci potemmo andare pochissime volte dato che quel punto era visitato da pericolosissime vipere...

Un giorno venne a trovarci un gruppo di disegnatori del Vittorioso per farci una sorpresa. Quando i ragazzi seppero di chi si trattava (Landolfi Giovannini e Zeccara) i disegnatori furono accolti con grande entusiasmo perché quasi tutti leggevano i loro fumetti.
Trascorremmo una giornata piacevole ed i disegnatori dovettero fare molti disegni ed autografi per i ragazzi.
Diversi anni dopo, un giorno parlando con Landolfi del bel periodo di quando era stato a Rocca Sinibalda e di quando loro tre erano venuti a farci una sorpresa, lui mi disse candidamente che anche lui si era divertito molto anche perché aveva avuto modo di procurarsi una alabarda del castello.
Io gli dissi che ovviamente stava scherzando: quelle alabarde non dovevano essere toccate! Ma mi fece subito vedere l'alabarda che si era portato via come souvenir...
Mentre stavo scrivendo questi appunti, ho fatto una ricerca su Rocca Sinibalda e ho scoperto che quel castello è stato completamente restaurato ed ora è diventato un luogo turistico da visitare, ma soprattutto (ahi ahi...) trasformato in un albergo e sale da riunioni e feste. Ho visto alcune foto e devo dire che, anche se mi fa piacere che il castello non sia stato abbandonato, mi dispiaceva un po' che ora ci fossero dei turisti e poi, sicuramente i quadri e gli arazzi alle pareti e tutta la mobilia erano probabilmente delle buone "imitazioni". Una cosa sola ho pensato: chissà se avranno fatto caso che lì dentro mancava un'alabarda?...


the Phantom - (il fantasma)

L'Editore fantasma...
Intorno agli anni '60, a Roma, un nostro amico che faceva solitamente il grafico - impaginatore, chiamò un gruppo di disegnatori, per la maggior parte del gruppo del Vittorioso (vedi qualche puntata precedente su questo mitico periodico), fra i quali io, per conto di un Editore (non scrivo il nome perché sembra che quella persona sia ancora indagata) che aveva progettato l'uscita di un nuovo albo periodico. Il giorno fissato, ci ritrovammo tutti presso i lussuosi uffici di questo nuovo Editore; questi ci parlò del nuovo periodico che si sarebbe chiamato "XY" (non scrivo il nome vero per il motivo di cui sopra) ed ognuno di noi era incaricato di realizzare un certo numero di pagine con vari personaggi a fumetti. Così, una volta fissate le cifre dei compensi e le date di consegna, ci mettemmo tutti al lavoro con entusiasmo e, man mano che le tavole erano pronte, le andavamo a consegnare.
Uscì finalmente il primo numero di "XY" ed il risultato era abbastanza buono, anche se non eccellente: del resto le cifre che l'Editore aveva fissato per noi disegnatori non erano molto alte, quindi ognuno faceva il lavoro in maniera "decente" ma ovviamente non "eccellente".
Il tempo passava e ciascuno di noi consegnava le tavole richieste ed i primi numeri di "XY" avevano avuto un discreto successo, basato soprattutto per la presenza di nomi quasi tutti molto conosciuti.
Però nessuno di noi aveva ancora incassato niente per il lavoro fatto. Così, chiedemmo all'Editore di pagarci almeno una parte del lavoro fatto. Lui, con un grande sorriso, ci spiegò che il mondo dell'Editoria era fatto in quel modo ed i soldi arrivavano dopo un certo periodo dato che prima l'edicolante paga il distributore e poi questi paga l'Editore, il quale infine paga i collaboratori; per tutta questa trafila occorre del tempo. Comunque ci propose di pagarci con delle "cambiali". Noi non avevamo la minima idea di che cosa si trattasse, ma lui ci disse che si vedeva che siamo dei disegnatori e non imprenditori: il mondo degli affari va avanti proprio grazie alle cambiali! "Le cambiali sono come il denaro corrente": avremmo incassato le cifre scritte sulle cambiali nel giorno fissato. Noi non eravamo tanto convinti, ma accettammo comunque quelle "cambiali": meglio di niente, no?
Ognuno di noi portò le cambiali in Banca dove ci dissero che avremmo dovuto attendere diverso tempo, dato che sulle cambiali c'era scritto che avremmo potuto incassare la cifra scritta solo il giorno fissato. Aspettammo con impazienza quel giorno ma poi in Banca ci dissero che quelle cambiali non erano state pagate dall'Editore e di conseguenza la Banca non poteva darci niente.
Dopo l'uscita del quarto numero del periodico, organizzammo un incontro fra di noi collaboratori per studiare il da farsi. Decidemmo che era il caso di andare tutti assieme a parlare con l'Editore: o ci pagava subito oppure avremmo smesso di consegnare le storie fissate.
Ma, quando giungemmo nel palazzo dove c'era quell'Editore, il portinaio ci fermò chiedendoci dove andavamo e, quando gli dicemmo che andavamo dal "nostro" Editore, il portinaio ci disse che in quegli uffici non c'era nessuno da diversi giorni. Rimanemmo allibiti nell'apprendere questa notizia. "Ma non è possibile! Noi vogliamo andare a vedere!" Il portinaio aprì la porta e la nostra meraviglia fu al massimo quando vedemmo che dentro non c'era più niente: niente mobili, niente scaffali, niente disegni... Insomma: l'Editore era sparito! Se ne era andato portandosi via tutto!
Ce ne uscimmo tutti inebetiti e non sapevamo più che cosa dire e che cosa fare. Qualcuno disse che magari l'Editore si era trasferito da un'altra parte, ma dopo alcuni giorni ci convincemmo che eravamo stati tutti truffati!
Con molta rabbia addosso, ognuno di noi era tornato al solito lavoro, quando dopo qualche mese, lo abbiamo visto in TV mentre consegnava dei premi ai Vip... (non voglio scrivere il nome di quel "premio" dato che esiste tutt'ora).
Ci riunimmo di nuovo tutti assieme per denunciare quell'Editore, ma ci dissero che non era possibile perseguirlo dato che l'Editrice non era stata fatta a nome suo, ma a nome di sua moglie. Increduli, tentammo in tutti i modi di cercare di capire come funzionava la giustizia in Italia...
Ma tutti ci dicevano che dovevamo rassegnarci: purtroppo in quel periodo di avventure simili ne erano capitate tante.
Questa storia sembrerebbe terminata, vero? Ebbene no: dopo qualche tempo, strombazzata da una grossa pubblicità, uscì nelle edicole una nuova rivista (non posso scrivere il nome di quella rivista per i motivi di cui sopra) e scoprimmo che la titolare di quell'Editrice era proprio la moglie dell'Editore che ci aveva truffati! Stavolta ce l'avremmo fatta a recuperare i nostri soldi, pensavamo, ma... ci sbagliavamo di grosso.
I due truffatori avevano sistemato le cose in modo tale da aggirare la legge ed evitare di essere perseguiti per il non aver pagato noi collaboratori: la nuova società aveva un altro nome. Insomma, per noi la cosa era ormai diventata incontrollabile.
Teniamo presente che, se fosse capitato al giorno d'oggi "forse" sarebbe stato più facile riuscire a recuperare almeno una parte del denaro dovutoci, ma a quei tempi le leggi erano ancora un po' confuse ed incerte, inoltre la voce "fumettisti" non esisteva nella legge italiana. Una domandina: ma la voce "fumettisti" esiste oggi? Mah.
Comunque stavolta dovemmo rassegnarci: l'Editore fantasma aveva colpito e di brutto!...


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Postato da: Perogatt a ottobre 09, 2005 23:59 | link | commenti (13)

mercoledì, 05 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (20)

Diabolik, Horror, Tilt, Pratt...

Anni '70. A Milano c'era un fermento nel mondo fumettistico: nascevano nuove riviste, uscivano allo scoperto nuovi Autori, insomma, cera molto entusiasmo. In quell'atmosfera era "quasi" naturale che nascesse "Horror", una rivista del tutto particolare: nonostante il titolo, non era fatta solo da fumetti dell'orrore solo per il gusto dell'orrore, ma stava nascendo una nuova maniera di realizzare riviste: con molti Autori noti e tutti bravi, i fumetti erano di alto livello.
La rivista - tranne la copertina ed il retro-copertina - era stampata completamente in nero ed il risultato era eccellente. Tutti lavoravano con entusiasmo e c'era anche una specie di gara fra gli Autori per avere il privilegio di pubblicare dei propri disegni su "Horror". Oltre tutto "Horror" aveva una caratteristica particolare, cioè, al contrario della altre riviste, era diretta da ben due direttori: PierCarpi e Castelli.
Zio Boris - copertinaPer quanto mi riguarda, con Castelli creai Zio Boris, un personaggio che ebbe immediato successo. Ma l'altro direttore, PierCarpi una sera mi telefonò e mi chiese se potevo andare a casa sua perchè doveva parlarmi di una cosa importante. Mi disse che non era giusto che io facessi Zio Boris con Castelli e con lui niente, quindi aveva avuto in mente un'idea: creare un nuovo personaggio, un clown, realizzando delle strisce mute. A me l'idea piacque, anche perchè fino ad allora non avevo mai fatto fumetti muti e la cosa mi stimolava molto. Così presi un foglio di carta e schizzai subito il nuovo personaggio.Ma non basta, io ebbi anche un'altra idea: dato che quel personaggio era "muto" occorreva dargli comunque una voce e suggerii a PierCarpi di mettere sotto le strisce un accompagnamento musicale. Telefonai subito al maestro Alceo Guatelli - che era molto conosciuto anche perchè aveva scritto diverse canzoni di successo, anche per l'allora cantante Caterina Caselli (che in quel periodo era sulla cresta dell'onda); Guatelli era anche un bravissimo arrangiatore ed era molto ricercato da molti Autori: lui riusciva spesso a decretare il successo di alcune canzoni proprio grazie all'arrangiamento particolare. A PierCarpi piacque moltissimo questa nuova idea e decise di chiamare il personaggio semplicemente "Clown". ClownA questo punto aprì un cassetto, tirò fuori una strana scatoletta e, una volta aperta, scopii che dentro c'era un "pendolino", cioè quello strano aggeggio che usano i "maghi" tenendolo con due dita per un filo appeso sopra un oggetto, una foto, un disegno, ed il pendolino ad un certo punto cominciava ad ondeggiare e poi si mise a girare molto velocemente.
PierCarpi era soddisfattissimo: "Questo nuovo personaggio avrà molto successo. Lo ha detto il pendolino!"
Così si mise subito a scrivere le idee per realizzare la prima puntata di Clown. Si era fatto molto tardi e, salutato PierCarpi, tornai a casa per dormire. La mattina dopo mi misi subito a disegnare le strisce di questo nuovo personaggio ed ebbi un'idea: invece di usare il solito cartoncino bianco, usai un cartoncino grigio: erano le vignette che tagliai nelle misure che avevo fissato e ci disegnai con il nero e con il bianco in modo che lo sfondo delle vignette era tutto grigio; in una puntata speciale che era posizionata nelle pagine centrali a colori usai un cartoncino colorato.
Il personaggio "Clown" piacque molto e diversi giornalisti scrissero degli articoli parlando anche del fatto che quello era il primo fumetto musicale. Infatti, dato che sotto le strisce c'era stampato il pentagramma con la musica, molti giovani si divertivano a suonare il motivo di "Clown". Però non seppi mai da Castelli se quel personaggio gli fosse piaciuto...
Angelo Nero
Su "Horror" io realizzai anche diversi fumetti con un disegno particolare, con uno stile piuttosto grottesco; gli autori dei testi furono vari, ma uno era fisso: Alfredo Castelli: con lui facemmo la serie dei fumetti dell'Angelo Nero.
Un piccolo passo indietro. Prima che Diabolik uscisse nelle edicole, le due sorelle Giussani (creatrici e proprietarie del personaggio) frequentavano spesso la nostra casa dato che erano amiche di mia moglie e spesso mi chiedevano dei consigli riguardo la loro nuova "creatura": Diabolik. Erano piene di dubbi e soprattutto non avevano la minima idea se quell'albo sarebbe piaciuto. Io diedi loro molti suggerimenti che seguirono alla lettera, come ad esempio l'idea di metterci dei retini e di cambiare sistema di distribuzione: loro personalmente portavano le copie di Diabolik alle varie edicole di Milano. Io feci capire loro che quello era un personaggio che andava distribuito in tutta Italia e non solo a Milano. Mi ascoltarono. Ma si rifiutarono di ascoltarmi quando dissi loro che forse conveniva studiare un po' meglio la testata: mi era sembrata un po' troppo semplice. Beh, devo dire che forse quella è stata l'unica volta in vita mia che diedi un consiglio sbagliato: se mi avessero ascoltato forse Diabolik non avrebbe avuto il grande successo che ha avuto! Così, per un certo periodo, mia moglie scriveva i soggetti ed io eseguivo i disegni a matita, però il tutto era solo a titolo di amicizia e non desideravamo che apparissero i nostri nomi. Ora mi pento anche perchè gli "storici" non citano mai i nostri nomi quando parlano di Diabolik...
Presso la redazione di Diabolik conobbi due giovani studenti: Alfredo Castelli e Mario Gomboli. Feci subito amicizia con loro. Questi avevano avuto un'idea: realizzare una rivista umoristica e mi chiesero se me la sentivo di illustrarla. Difficilemente dico di no a proposte di questo tipo, quindi... qualche sera dopo eravamo nel mio studio per parlare di questa nuova rivista. Era presente anche un loro amico, Marco Baratelli: un tipo un po' taciturno che però aveva delle idee buonissime e delle battute fulminanti. Prima ci fu una discussione sul titolo ed alla fine venne fuori (non ricordo da chi) "Tilt" e piacque subito a tutti. Io creai subito il personaggino-mascotte chiamato anche lui "Tilt".
Conferenza stampa TiltStudiammo il contenuto e quasi tutte le sere loro venivano nel mio studio e si realizzavano assieme le varie pagine. L'entusiasmo era alle stelle. Mentre io disegnavo, Castelli e Baratelli studiavano le idee per le pagine seguenti, Gomboli invece dava la caccia... alle tavole che io avevo appena disegnato: ci aggiungeva degli scherzetti extra, tutti molto divertenti. Lui le chiamava "farciture". Quel modo di dire era diventato per noi usuale e ci si chiedeva se alcune tavole erano state "farcite" o meno. Per il pimo numero di Tilt realizzammo anche una "finta striscia", cioè di un fumetto che non era nato per quello scopo, ma fingevamo di "raccogliere" una storia formata da strisce. Si trattava della satira di Diabolik: noi lo chiamammo Diabetik.
Una volta preparata la copertina, i tre giovani pensarono che quella rivista avrebbero potuto stamparla nella tipografia dell'Università che loro frequentavano. Però c'era un problema: in quella tipografia c'era una stampante che aveva un formato limitato, per cui avremmo dovuto ridurre di molto il formato che avevamo pensato. I tre fecero delle prove di stampa e, quando le vedemmo, fummo tutti e quattro un po' delusi. Ad un certo punto Castelli ebbe un'idea: aveva conosciuto un Editore genovese, un certo Ivaldi e forse avrebbe potuto editare lui la nostra rivista. Così, qualche giorno dopo, andammo dall'Editore con tutto il materiale pronto. Ivaldi ne fu entusiasta e ci promise che avrebbe editato la nostra rivista e trovò subito il direttore responsabile: Claudio Bertieri, un giornalista esperto di fumetti.
Hugo Pratt
Sgt KirkDurante la visita presso l'Editore, vedemmo che in un'altra stanza c'era un disegnatore che lavorava alacremente. Stava disegnando delle tavole per un nuovo personaggio che Ivaldi avrebbe editato, si trattava del personaggio "Sgt Kirk" ed il disegnatore era un "certo" Pratt, Hugo Pratt... Agli inizi della carriera, Pratt aveva realizzato moltissime tavole per l'Editore Ivaldi al quale aveva ceduto anche i diritti perchè aveva bisogno di soldi e Ivaldi era l'unico che gliene dava. Solo che Ivaldi era diventato proprietario anche dei disegni originali... Non ho poi saputo se successivamente Pratt era riuscito a riavere quegli originali ed i diritti per le storie del "Sgt Kirk". 

Qualche anno dopo, Pratt si era fatto un grosso nome da solo, indipendentemente dall'Editore Ivaldi ed ormai tutti lo conoscevano. L'albo "Sgt Kirk" invece era terminato da tempo: la distribuzione dell'Editore Ivaldi era piuttosto scarsa e di conseguenza furono in pochi quelli che conobbero ed acquistarono quell'albo.
Quanto a "Tilt", lanciammo questa rivista a Lucca Comics nel novembre del 1968 ed organizzammo una speciale conferenza stampa, ma dato che non avevamo soldi per accogliere i giornalisti in un albergo di lusso (come si usava normalmente), pensammo di invitare i giornalisti in una trattoria piuttosto economica; offrivamo vino e salame. Per il discorso, salimmo su un tavolo (vedi foto) per spiegare quali erano i contenuti di questa nuova e strana rivista. Io, dato che mi firmo "PeroGatt", approfittai di un gatto che circolava per la trattoria e me lo tenetti in braccio per tutta la durata della conferenza stampa che fu notata moltissimo dai giornalisti perchè riuscirono subito a capire che tipi eravamo e quale spirito esisteva in quella rivista. (nella foto, da sinistra: Castelli, Baratelli, Peroni, Gomboli).

Copertina Tilt N. 1
Copertina Tilt N. 2
Diabetik
Copertina di "TILT" N. 1
Copertina di "TILT" N. 2
DIEBETIK - versione "Tilt"
Uffa Charlie Brown, quanto rompi!
Diabulik
Ratman
Copertina di "UFFA, CHARLIE BROWN QUANTO ROMPI!
DIABULIK - versione "autocensurata"
RATMAN - anni'70, prima di quello di Ortolani...

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Purtroppo, dopo due numeri usciti, visto che l'Editore non ci pagava e che non era riuscito a distribuire sufficientemente bene la nostra rivista, decidemmo di chiudere "Tilt". Però intanto noi avevamo già iniziato il numero tre e soprattutto io che avevo disegnato diverse tavole, ci trovammo con del lavoro fatto inutilmente. Insomma, ci rimettemmo tutti e tre, ma io in special modo perchè la maggior parte del lavoro era stata a mio carico. Però fu grande la soddisfazione nell'apprendere che, nonostante avessimo pubblicato solo due numeri, la nostra era comunque la prima in Italia del genere "demenziale"! Anche oggi, a distanza di anni, sono in moltissimi quelli che si ricordano della nostra rivista e le copie oggi sono diventate introvabili.
Subito dopo Castelli riuscì a convincere l'Editore Sansoni (quello che Editava "Horror") a radunare il materiale esistente riguardo Tilt e farne un libro che intitolò: "Uffa Charlie Brown quanto rompi". In questa raccolta riapparve anche Diabetik che però qui venne ribattezzato in "Diabulik": Castelli aveva saputo che l'Editore soffriva di diabete ed aveva pensato bene di evitare che bocciasse il libro proprio per il nome di quel personaggio... Castelli fece anche una piccola furbata: dato che, tranne alcuni disegni ed i testi della presentazione, praticamente si trattava di una "ristampa" del materiale già usato per la rivista "Tilt", quindi scrisse sulla copertina del libro "Ristampa", così furono in molti quelli che pensarono che era stato tanto il successo del libro che avevano addirittura fatto una "ristampa"!... Il libro che fu subito esaurito, anche per merito del titolo azzeccato...
Quanto a Pratt, ormai era diventato talmente famoso che i suoi personaggi erano conosciuti da tutti. Occorre sapere che Pratt, oltre ad amare il disegno amava molto suonare la chitarra e, durante le Fiere dei fumetti, durante le serate lui ci intratteneva tutti con la sua chitarra. Eravamo tutti affascinati: si sentivano musiche esotiche, quelle che lui aveva disegnato più volte nei suoi fumetti.
Un anno (non ricordo bene quale), in occasione di "Lucca Comics", un piccolo Editore mi propose di realizzare un poster con un gioco: "il giro del pallone". Il titolo era nato dal fatto che in quegli anni a Lucca veniva moltissima gente ed era frequentata anche da molti Editori stranieri (uno di questi mi avvicinò e mi propose di realizzare un periodico per la Germania, si trattava di
Sonny"Sonny" che poi ebbe moltissimo successo, superando perfino il Topolino tedesco), quindi gli organizzatori ebbero l'idea di allargare l'ambiente dove partecipavano gli Editori con i loro stand, con un "pallone", cioè una grande struttura gonfiabile. (un anno ci fu una perdita d'aria dal "pallone" e chi si trovava all'interno ne fu spaventato!). Così io realizzai quel "giro del pallone" sullo schema base del famoso "Gioco dell'oca": una serie di caselle con difficoltà o vantaggi, solo che le caselle passavano per i vari stand che si trovavano all'interno del "pallone". Nel gioco misi anche le caricature di quasi tutti i disegnatori che partecipavano più assiduamente a Lucca Comics. Fra le varie "difficoltà" misi quindi anche la caricatura di Pratt mentre suonava la chitarra e diverse persone che si erano fermate per ascoltarlo; quindi per chi arrivava in quella casella "bisognava stare fermi un giro per ascoltare Pratt mentre suonava la chitarra". Hugo PrattTutti i personaggi che avevo inserito si erano molto divertiti, ma ci fu anche chi si lamentò che non lo avevo inserito... Uno però non si divertì con quel gioco: Pratt. Infatti lui si era offeso ed ho saputo da amici che lui aveva creduto che io avessi voluto intendere che Pratt sapeva "solo" suonare e non disegnare, ma il mio era solo un innocente scherzetto. Pratt aveva giurato vendetta e sperava di riuscire a prendermi per riempirmi di botte! Dato che Pratt era molto più grande e robusto di me... io preferii evitare quello scontro. Corto Maltese
Durante le varie Fiere, ogni volta che lui mi vedeva, mi inseguiva.
Una volta, A Bologna, alla Fiera del libro per ragazzi, ci trovammo faccia a faccia e Pratt stava quasi riuscendo a prendermi mentre mi gridava che doveva darmi una lezione per aver fatto la sua caricatura non mentre disegnava ma mentre suonava. Cercai subito di tentare di spiegargli finalmente che quello era stato solo un innocente scherzetto, ma lui non mi stava nemmeno a sentire e si avventava contro di me. Non voglio sembrare un vigliacco, ma il motivo era che, come detto, Pratt era sicuramente più forte di me e poi a me non è mai piaciuto fare a botte: ho sempre preferito risolvere tutto con le parole e non con la violenza, poi non avrei mai voluto litigare in nessun modo proprio con Pratt dato che era un Autore fra i miei preferiti.
Così riuscii a divincolarmi e preferii prendere il primo treno per tornare a casa.
Incaricai anche diversi miei amici per parlare loro con Pratt e tentare di fargli capire che io non avevo voluto offenderlo, ma che lo ammiravo molto. Però quei tentativi fallirono: Pratt non ascolatva nessuno. Io ne fui molto dispiaciuto e non fui mai in grado di parlargli serenamente. Se fosse stato possibile, sarei di sicuro riuscito a fargli capire quanto lo stimavo.
Ma non fu più possibile: un giorno se ne è andato per sempre... Chissà se da lassù mi avrà finalmente "perdonato" per una colpa non commessa?



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Postato da: Perogatt a ottobre 05, 2005 00:04 | link | commenti (15)

sabato, 01 ottobre 2005
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (19)

Non ci vedo tanto bene...

Istituto dei Ciechi di Milano
La facciata dell'Istituto dei ciechi di Milano - disegno

Intorno alla fine degli anni '40 sono stato assistente ed anche insegnante di disegno presso l'Istituto dei ciechi di Milano situato in Via Vivaio. Questo Istituto è stato fondato nel 1840 e da allora si è ampliato e modernizzato moltissimo; oggi si insegna anche informatica, quando c'ero io le materie che si insegnavano erano abbastanza poche, ma quella che era seguita di più da quasi tutti i ragazzi era la musica. C'erano ragazzi di varie età: piccoli di 6 anni ed anche giovani di oltre i 20 anni. Da notare che questo si chiama "Istituto dei ciechi" e non "Istituto dei non vedenti": i ragazzi ciechi non avevano mai accettato la forma di "non vedenti" dato che secondo loro suonava falsa e dicevano: "Noi siamo ciechi, quindi perchè chiamarci in maniera diversa?".
Inoltre, quando mi capitava di accompagnarli per andare - a piedi - ad assistere a qualche spettacolo alla Scala (dove c'era un apposito palco riservato solo a questi ragazzi, tutti molto amanti della musica e ci si andava molto spesso ed io ne approfittavo per assistere, in un punto privilegiato, a tutte le opere che venivano rappresentate), c'era della gente in strada che diceva "Poveri ciechi!" ed i ragazzi si arrabbiavano per questo e dicevano tra loro: "I poveri sono loro e non noi, visto che non hanno ancora imparato l'educazione!"
Nell' "Istituto dei ciechi" c'erano ragazzi nati ciechi ed altri che erano diventati ciechi. C'era molta differenza tra gli uni e gli altri. I nati ciechi facevano spesso molte domande alle quali a volte era piuttosto difficile rispondere, come ad esempio una volta un giovane nato cieco mi aveva chiesto "Che cosa sono i colori?" Io ci pensai un po' poi, sapendo che lui era appassionatissimo di musica, gli dissi che i colori sono un po' come la musica: se cambi tonalità e tempo la musica cambia e ci sono anche molte sfumature: quelli sono come i colori, cioè vari ed a volte sono sfumati e si fondono l'uno con l'altro. il ragazzo fu soddisfatto e per dimostrarmi che aveva capito si mise subito al piano e mi suonò una sua creazione: disse che quello era un arcobaleno. Esatto! Effettivamente quella musica dava proprio la sensazione dei vari colori dell'arcobaleno. Io fui felice di essere riuscito, almeno in parte, a spiegargli una cosa molto importante.
In quel periodo io collaboravo con un giornale di Roma (un periodico della famiglia del Vittorioso) e periodicamente dovevo spedire della tavole di una storia a puntate (Lillo, Lallo, Lello - volutamente una specie di Pippo, Pertica, Palla di Jacovitti) e realizzzavo i miei disegni all'interno dell'Istituto. Spesso approfittavo del fatto che dovevo stare a curare i ragazzi mentre facevano i compiti. Io disegnavo su un piccolo tavolo intanto che i ragazzi facevano i compiti. Ero talmente preso che non mi ero accorto che nel frattempo un ragazzo cieco - piuttosto balbuziente - si stava avvicinando a me dicendo "S-s-s-s-signor pe-pe-pe-peroni..." e intanto sbatteva contro il tavolo facendomi rovesciare l'inchiostro di china sulla tavola che stavo facendo. Mi sono messo ad urlare: "Ma cosa hai combinato?!" e lui: "Mi s-s-s-scusi s-s-s-signor p-p-p-p-peroni, o-o-oggi n-n-n-on ci v-v-v-vedo ta-ta-ta-tanto bene..." Io l'ho subito abbracciato chiedendogli scusa. Ma lui mi rispose che era colpa sua perchè sapeva bene che doveva stare attento mentre camminava.
Un giovane riusciva a sentire con il tatto le foto stampate sui quotidiani e molto spesso mi descriveva che cosa vi era rappresentato. Io lo incoraggiavo perchè ritenevo che in quel modo riusciva a sviluppare molto meglio il senso del suo tatto. Una volta riuscì addirittura a capire che c'era la foto di una bella donna che, secondo lui, avrebbe potuto essere Sofia Loren. Infatti quella foto rappresentava proprio Sofia Loren! Io ne fui meravigliato, ma lui mi diceva che per lui era normale e mi diceva che lui poteva riuscire a vedere le forme a tre dimensioni mentre io le vedevo solo a due...
Altri ragazzi erano dei fenomeni della musica e mi invitavano spesso ad ascoltare le loro composizioni. Solo che avevo notato che erano quasi tutte piuttosto tristi. Una volta chiesi ad uno di questi come mai non creava della musica allegra e lui mi rispose che la sua musica rappresentava il suo stato d'animo. Sapeva benissimo che il suo futuro sarebbe stato molto difficile: in un mondo dove tutti vedono, come viene visto un cieco? E poi, quali tipo di lavori avrebbe potuto fare un cieco? A quei tempi i ciechi erano ricercati nelle centraline dei telefoni dato che dovevano solo parlare e maneggiare dei tasti, cosa che per loro era piuttosto facile. Però quel lavoro era poco pagato e senza soddisfazioni. Io cercavo di consolare questi ragazzi dicendo che, se diventavano dei bravi musicisti, ci sarebbero state sicuramente molte possibilità in più. Infatti, molti di loro si specializzarono e vennero successivamente assunti da varie orchestre; uno poi divenne compositore e compose diversi pezzi di musica classica. Purtroppo sono passati troppi anni e non riesco a ricordarmi i loro nomi ma so che molti sono diventati nomi famosi.


Duomo di Milano
Questa accanto è una illustrazione del Duomo di Milano eseguita a rilievo per poter essere "sentita" dai ciechi.



Anche io avevo, come i ragazzi, imparato a scrivere e leggere il Braille, ma loro ridevano quando si accorgevano che leggevo molto lentamente...
Io ogni tanto insegnavo il disegno ai ragazzi, divisi in due parti: ragazzi nati ciechi e ragazzi diventati ciechi. Un ragazzo diventato cieco mi aveva disegnato il cortile della sua casa come lo ricordava. Un giorno lo avevo accompagnato a casa sua e scoprii che il cortile era proprio come lui lo aveva disegnato!
Per i ragazzi nati ciechi la cosa era un po' più difficile e spesso mi  aiutavo con dei disegni a rilievo che loro dovevano copiare, oppure descrivevo un oggetto che loro non avevano ancora toccato e cercavano di disegnare (a rilievo) come lo immaginavano.
Io dormivo nella loro camerata e tenevo accesa la luce del mio comodino per leggere o disegnare; i ragazzi avevano un orario stabilito dalla direzione, l'ora in cui dovevano fare silenzio e dormire. Ma ogni tanto dovevo controllare i ragazzi: alcuni facevano "finta" di dormire, ma in effetti tenevano un libro (in Braille) sotto le lenzuola per leggere con le mani... Io cercavo di rimproverarli, ma non ne avevo il coraggio anche perchè vedevo che leggevano dei libri di avventura che a loro piacevano molto. Ah, mi ero dimenticato di dire che quei libri in Braille erano piuttosto grandi ed anche piuttosto scomodi da maneggiare. Non so se oggi abbiano inventato qualche sistema per farli almeno un po' più piccoli e meno pesanti: lo spero.
Ai ragazzi piaceva ogni tanto farmi anche degli scherzi, come una volta che mi chiamarono dicendomi di andare a vedere in bagno (dove c'erano molti lavandini): "C'è qualcosa di strano in un lavandino!". Uno di questi ragazzi mi indicò un lavandino in particolare e, menre io mi affacciavo per osservare bene, lui mi disse: "Ho paura, c'è un occhio che mi guarda...". In effetti vidi ce nel foro di uscita della'cqua del lavandino c'era un occhio che mi fissava! Scoprii che era un "occhio finto": era caduto di mano ad uno dei ragazzi ed ora era lì dentro. L'ho tolto subito mentre tutti i ragazzi ridevano. L'occhio finto era di un semi-cieco, cioè un ragazzo che aveva poca vista da un occhio e l'altro era stato sostituito da uno finto, quello che gli era caduto nel lavandino mentre si lavava la faccia.

 

Il metodo Braille per la scrittura dei ciechi

Alfabeto BrailleUn foglio (di carta speciale) con l'alfabeto Braille (dal nome del suo inventore) usato normalmente per la scrittura e la lettura dei ciechi.
Le lettere ed i numeri sono a rilievo, però sono a base di una serie di punti a rilievo disposti in vario modo da riconoscere al tatto.
Esistono anche molti libri stampati con apposite macchine dove, invece di usare l'inchiostro, ci sono i caratteri ed i disegni a rilievo.
La carta usata deve necessariamente essere piuttosto consistente, anche per evitare che si rovini facilmente.
Attrezzo per la scrittura in Braille

Questo qui sopra è l'attrezzo che usavo io all'Istituto dei ciechi per "scrivere" con l'alfabeto Braille; anche i ragazzi usavano un attrezzo simile. La barra si apre (in orizzontale) in due parti: in mezzo viene sistemato il foglio, quindi richiusa, usando una specie di punteruolo premuto nei fori, si formano le lettere. Una volta terminato, si gira il foglio e si legge al tatto dalla parte opposta. Sinceramente non sono informato se al giorno d'oggi siano stati inventati altri sistemi, so solo che esistono degli speciali computer proprio per i ciechi. Se qualcuno avesse notizie maggiori su questo argomento, puo' scriverle qui, nei commenti. Grazie.


Una volta avevo fatto costruire un pallone speciale: dentro avevo fatto mettere un paio di piccoli barattoli. Così i ragazzi potevano giocare a calcio "sentendo" dov'era il pallone e si divertivano moltissimo.
Successivamente avevo fatto costruire dal falegname dell'Istituto dei trampoli di legno. Avevo insegnato loro come si faceva a stare sui trampoli ed avevano imparato subito. Erano bravissimi, molto più di me... Poi a loro venne in mente di giocare a pallone con i trampoli. Io avevo dei dubbi: e se poi si fossero fatti male? Ma il direttore mi disse che dovevo lasciarli provare: così si eserciteranno maggiormente a muoversi e questo sarà utile per loro in futuro. Comunque i ragazzi erano ugualmente bravi e mai nessuno è caduto o si è fatto male.
Il direttore dell'Istituto si dilettava a fare degli esperimenti di "lettura del pensiero". Una volta chiamò noi assistenti e ci fece imparare la difficile arte della lettura del pensiero. Qualcuno si rifiutò di continuare dicendo che quelle erano tutte cose impossibili, altri invece ci provarono; io ne fui affascinato anche perchè, fin da piccolo, mi ero dilettato nella lettura del pensiero e spesso mi ero divertito con i miei amici e abbastanza spesso avevo indovinato quello che stavano pensando. Per evitare imbrogli, facevo scrivere delle parole su un foglio e spesso "indovinavo" quello che c'era scritto. Ma non bastava, a volte andavamo assieme al cinema e ci mettevamo in una fila piuttosto indietro; loro mi indicavano una persona del pubblico (diverse file più avanti) e mi dicevano che cosa avrebbe dovuto fare quella persona (movimenti abbastanza semplici, tipo alzarsi in piedi, grattarsi la testa, guardare da una parte precisa, alzarsi e sedersi due volte, e così via). Beh, moltissime volte quegli esperimenti riuscivano con grande divertimento da parte dei miei amici. Io invece mi divertivo un pochino meno poichè solitamente, dopo, mi veniva un po' di male di testa. Non sapevo il perchè, ma di solito preferivo smettere quando sentivo il piccolo male di testa in arrivo.
Così riuscii ad affiatarmi molto bene con il direttore dell'Istituto poichè lui ne sapeva molto più di me e mi insegnò le varie tecniche. Mi spiegò anche che non bisognava abusarne dato che dovendo riuscire ad eliminare dal proprio cervello qualsiasi pensiero e pensare intensamente solo alla cosa utile all'esperimento - e questo a volte per diverso tempo - poteva causare del mal di testa e in quel caso bisognava smettere subito.
Un giorno, nell'ufficio del direttore, facemmo un esperimento piuttosto difficile: nell'Istituto c'era un cane molto docile; noi ci mettemmo d'accordo su che cosa avrebbe dovuto fare il cane comandato esclusivamente dal nostro pensiero. Il percorso che il cane avrebbe dovuto eseguire era:
1 - uscire dalla stanza.
2 - scendere i gradini per arrivare al cortile.
3 - attraversare il cortile.
4 - entrare in un arco dalla parte opposta del cortile e salire i gradini.
5 - aprire la porta (che era stata socchiusa).
6 - cercare delle pantofole particolari, scelte fra quelle che erano sistemate dentro un armadio.
7 - prendere le pantofole.
8 - fare il percorso di prima in senso inverso.
9 - entrare nella nostra stanza.
10 - consegnare le pantofole al direttore dell'Istituto.


Pensammo che la cosa sarebbe stata quasi impossibile ma ci concentrammo moltissimo pensando al percorso che il cane avrebbe dovuto fare, visualizzandolo molto bene e dettagliatamente con il pensiero. Era passato del tempo e, quando ormai ci eravamo rassegnati al fallimento dell'esperimento, entrò nella stanza il cane con in bocca le pantofole!
Successivamente feci delle prove di lettura del pensiero con i ragazzi ciechi: avrebbero dovuto pensare ad un numero da 1 a 10 ed io avrei dovuto "leggere" il loro pensiero. Prima dell'esperimento li avevo pregati di immaginare il numero in braille. Così io mi concentravo e quasi sempre indovinavo il numero. Poi aumentai: pensare un numero da 1 a 100, poi da 1 a 1000... Insomma, scoprii che i ragazzi ciechi riuscivano molto bene a "trasmettere" il pensiero.

Un giorno avevano portato nell'Istituto dei ciechi una bambina sorda-muta-cieca. Nessuno riusciva a comunicare con lei. Le insegnanti, con moltissima fatica, riuscirono in qualche modo farle almeno capire che ci si poteva "parlare" picchiettando un dito sul palmo della mano. Così cominciò ad imparare qualche parola. Io mi offersi di insegnarle altre parole. Trascorrevo molto tempo per tentare di insegnarle delle parole e la cosa era alquanto difficile perchè non sempre la bambina collaborava, ma man mano che passava il tempo e scoprii che si impegnava sempre di più e lei imparava in fretta. Poi un giorno le disegnai con il dito sul palmo della sua mano un cerchio con due puntini in alto ed una curva all'insù in basso: era una specie di faccia sorridente: lei mi sorrise. Questo per me è stato il più bel regalo!

NOTA:
le immagini di questa puntata erano collegate al sito dell'Istituto dei Ciechi di Milano che in questo momento "sembra" essere chiuso. In attesa di informazioni, sono riuscito a rintracciare da altre parti un paio di illustrazioni, ma una non sono ancora riuscito a trovarla. Vedremo...

(19 - segue)

Postato da: Perogatt a ottobre 01, 2005 12:35 | link | commenti (7)